Catania, il calcio e il fascismo Parte 3/3

Negli anni 20, quando il fascismo era agli esordi la squadra di calcio catanese “Unione Sportiva Catanese” partecipava ai campionati federali. La società nacque nel 1910 da una costola dell’Associazione Sportiva per l’Educazione Fisica pro Patria, fondata nel 1908, esattamente dalla sezione calcio che si rese indipendente dando vita proprio alla U. S. Catanese che praticò attività a livello locale fino al 1929, l’anno della svolta.

Proprio nel 1929 infatti il regime decise che i principali capoluoghi di provincia dovessero avere almeno una squadra a rappresentarli nei campionati nazionali. Nacque così la Società Sportiva Catania, non imparentata con l’antica Catanese, che esordì partecipando al campionato di seconda divisione.

Nel ’36, in pieno fascismo, la squadra cambiò la propria denominazione diventando Associazione Fascista Calcio Catania. Abbiamo già visto come il governo fascista permise la nascita di un’unica lega atta ad unificare il nord e il sud, così l’Associazione Fascista Calcio Catania prese parte ai campionati nazionali e in tale occasione fu inaugurato (nel ’37) lo stadio di Cibali, intitolato nel 1940 al 1943 a italo Balbo e oggi stadio “Angelo Massimino”. È noto l’interesse che il regime fascista nutriva nei confronti dello sport, come abbiamo avuto già modo di sottolineare il fascismo dal punto di vista sportivo è stato un forte trampolino di lancio. Mussolini in fondo, essendo un grande estimatore del sociologo francese Gustave Le Bon, aveva intuito anzitempo l’ importanza della manipolazione delle menti come strumento basilare e fondamentale sul quale costruire il proprio consenso. Il Duce sapeva che la massa poteva essere controllata ma per fare questo occorreva offrire alla stessa una guida forte, capace di suscitare sicurezza. Il fascismo assunse il controllo totale di ampi settori dell’arte e dell’intrattenimento per utilizzare tali settori come strumenti atti a costruire l’uomo nuovo fascista e modellare così l’identità nazionale. Anche il calcio divenne strumento di propaganda in mano al regime. Nel saggio “Calcio e Fascismo” di Simon Martin, l’autore indaga in modo esemplare su questo specifico aspetto, Martin analizzò con estrema e seria attenzione le strategie utilizzate dal regime attraverso i quali il calcio, da semplice passatempo, divenne strumento privilegiato per esaltare il popolo, coinvolgere ampi e diversi gruppi sociali, incanalare passioni e sentimenti.

Nel 1934-35 la S. S. Catania partecipò al campionato di serie B. in questo periodo occorre citare alcuni calciatori che hanno lasciato un segno non solo nella storia del Catania ma anche in quella del calcio nazionale, primi fra tutti Nicolò Nicolosi e Amedeo Biavati. Il primo detiene tuttora il record di segnature con la maglia rossazzurra, il secondo dopo l’esperienza ai piedi dell’Etna prese il volo conquistando lo scudetto con il Bologna e il titolo di campione del mondo con la nazionale.

La squadra rossazzurra riuscii a navigare fra seconda e terza serie sfiorando anche la promozione in A ma chiuse i battenti nel 1943 con l’avanzare della guerra. Alla ripresa dell’attività agonistica riprendere la denominazione originaria sarebbe suonato come un sinistro richiamo al regime, così nacquero due società: la Virus Catania e la Catanese che nel 1946 si fusero ricostruendo un unico sodalizio calcistico con il nome di Club calcio Catania da considerarsi a tutti gli effetti la rifondazione del Catania Calcio anteguerra come testimonia la scelta di riprendere il simbolo e la maglia rosso azzurra.