Il mio anno preferito

Questa spassosa raccolta di storie di calcio curata da Nick Hornby (l’autore di Alta Fedeltà e di Febbre a 90°) descrive in modo per certi versi geniale gran parte delle sfumature che può assumere la passione per il nostro sport nazionale. Tredici tifosi più o meno appassionati sono chiamati a descrivere la loro stagione preferita, appunto, cioè l’annata calcistica che per qualunque motivo è diventata per loro memorabile.

Se il lettore-tifoso non potrà che identificarsi in almeno uno degli spunti offerti da questo viaggio fra le più irrazionali emozioni trasmesse dalla propria squadra del cuore, coloro che sono totalmente immuni alla passione sportiva potranno forse arrivare a comprendere perché il calcio può diventare tanto coinvolgente.

Esilarante ad esempio il secondo capitolo, firmato da Harry Pearson, intento a spiegare quanto possa essere piacevole un campionato di tranquilla inutilità per chi, come lui, ha a cuore le sorti di una società come il Middlesbrough che:

“negli ultimi cinque campionati era riuscito a: evitare la retrocessione in Third Division all’ultima giornata (1985); retrocedere all’ultima giornata, con annesso fallimento della società (’86); essere promosso in Second Division (’87); salire in First Division passando per i playoff (’88); tornare in Second e giocare a Wembley per la prima volta […] (’89); evitare la retrocessione in Third, anche stavolta all’ultima giornata (’90).”

Un cammino non certo tranquillo che per di più non è un’eccezione nella storia del “Boro”:

“Qualcuno ha detto che i momenti più spettacolari dell’esistenza umana non sono legati al successo, ma al fallimento. Chiunque sia stato […] ovviamente non è mai stato all’Ayresome Park [lo stadio del Middlesbrough, ndr] alla fine degli anni Sessanta. Nel giro di cinque campionati il Middlesbrough riuscì a collezionare una serie di fiaschi senza neanche riuscire a sfiorare la tragedia, il fascino del mistero e neppure la farsa.”

Con un palmares del genere una promozione in First Division rischia comprensibilmente di risultare un’emozione troppo inaspettata per poter essere goduta a pieno:

“E poi fummo promossi.
Non ero pronto. [….] Sapevo che esisteva, la First Division. L’avevo visto alla tivù. Ma sembrava lontana dalle mie quindicinali esperienze calcistiche quanto quelle tribù primitive della giungla che si vedevano periodicamente nei documentari lo erano dalla mia famiglia. Eccoli qua, invece, quei volti che popolavano migliaia di raccolte di figurine […] dal vivo, in carne ed ossa. Non avrei potuto essere più spiazzato se gli abitanti della giungla all’improvviso avessero oltrepassato la troupe televisiva, fossero usciti dal teleschermo e avessero cominciato a cercare di incastrarsi uno dei nostri piattini da tè nel labbro inferiore.”

Così anche una stagione come quella 1990-’91, conclusa dal Middlesbrough con una sconfitta ai playoff di Second Division, può diventare memorabile.

Una teoria portata all’estremo dalla pungente ironia di Nick Hornby che spiega come persino un’annata “da record e fusione cerebrale” come la stagione 1983-’84 del Cambridge United possa essere annoverata fra le poche che “hanno una vita, un cuore e una personalità propri”, alla stessa stregua de “l’anno della doppietta dell’Arsenal; i recenti trionfi in campionato; l’annata in cui inizia ad andare allo stadio; quella in cui disputammo quasi settanta partite, arrivammo in due finali di coppa e non vincemmo niente”, anche se “la squadra inanellò una serie sbalorditiva di trentuno partite senza vittorie nella Second Division.”

Due capitoli che non possono non dire qualcosa a chiunque abbia seguito le sorti del Catania per un periodo sufficientemente lungo (diciamo dal 1983-’84 al 1993). Ma non manca un involontario riferimento alla storia rossazzurra ancora più diretto: il capitolo curato da Huw Richards che ripercorre le gesta della compagine gallese dello Swansea City, guidato a lungo da John Benjamin Toshack, protagonista di una breve ma intensa esperienza sulla panchina etnea nella rocambolesca stagione di Serie B 2002-’03.

Merita una citazione anche il capitolo dedicato al tifo per la nazionale, quello in cui Roddy Doyle ricorda la positiva avventura dell’Irlanda Eire al mondiale del ’90, dove i britannici furono bloccati solo ai quarti dall’Italia padrone di casa .

Insomma, Nick Hornby ci regala una lettura piacevole che aiuta a guardare con la giusta prospettiva il mondo del pallone e a non prendere troppo sul serio la propria fede calcistica.

Il Mio Anno Preferito

Storie di calcio
a cura di Nick Hornby
Edizioni Guanda

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