1956-’57: inseguendo un’illusione

La stagione 1956-’57 passa alla storia come quella della beffa. Una beffa tanto più cocente se si pensa che arriva per mano di una squadra senza più obiettivi, naturalmente negli ultimi minuti dell’ultima partita di campionato. Sfuma così la possibilità del ritorno fra le grandi.

Poche novità

Il copione è sempre lo stesso: anche l’estate del 1956 trascorre per il Catania come le altre, cioè con la dirigenza alla ricerca di un assetto sociale stabile e di un modo per non peggiorare la situazione finanziaria non certo florida. Per quanto la situazione sia ingarbugliata il Catania si presenta puntualmente all’appuntamento con il campionato cadetto avendo risolto i nodi principali. La poltrona di presidente è affidata ad Agatino Pesce, mentre gli altri due terzi della reggenza della stagione precedente tornato al ruolo di soci ordinari, con Michele Giuffrida vicepresidente.

Anche la squadra non viene lasciata allo sbando, ma subisce radicali cambiamenti le cui conseguenze non sono immediatamente valutabili. Gli affari principali si fanno con l’Inter, da cui arrivano alcuni giovani interessanti fra i quali spicca l’ala Mauro Bicicli. Si ridisegnala difesa con due portieri nuovi, Menozzi e Camilloni, e con il rientro di Seveso, ma soprattutto con le partenze di Bravetti e Santamaria, compensate dagli arrivi di Colangeli, Grani e Toros, che completano il reparto con il confermato Origgi. Restano anche Hansen, Perin, Malinverni e Spikofski, arrivano Celio, Palazzoli, Gelio e gli attaccanti Buzzin e Uzzecchini. Partono però alcuni pezzi della storia recente: ai già citati Bravetti e Santamaria si aggiungono Bardelli, Boniardi e, soprattutto, Bassetti, Ghiandi e Klein. Il compito di gestire il nuovo corso è affidato invece all’allenatore Gipo Poggi, personaggio assai noto del calcio italiano per avere fatto la storia delle principali formazioni genovesi sia da giocatore che da allenatore.

Seminare…

Il campionato del Catania, dopo un inizio fatto di alti e bassi, prende la piega giusta grazie a due successi esterni consecutivi, sui campi di Sambenedettese e Brescia, che riaccendono l’entusiasmo dei tifosi, tanto che alla stazione del capoluogo etneo si ripetono scene che non si vedevano dai tempi della promozione in A, con i rossazzurri accolti da una folla festante. Il cammino però è ancora lungo, e la marcia del Catania, per quanto spedita, non è sufficientemente regolare da garantire un finale senza affanni. Alla resa dei conti in quattro si ritrovano a battagliare per due posti nella massima serie: il Verona capolista a 43 punti, il Catania secondo a 42, il Brescia e l’Alessandria appena un gradino sotto.

L’ultima giornata si presenta dunque decisiva, ma il calendario non sembra poter riservare troppe sorprese. Il Verona affronta in casa il Como e le basta un punto per festeggiare, Brescia e Alessandria dovranno vedersela rispettivamente con Legnano e Taranto, due squadre già pronte a vestire i panni dell’agnello sacrificale. Il Catania parte invece per Modena, contro una squadra senza più obiettivi.

 
Una formazione del Catania edizione 1956-’57. In piedi da sinistra: Celio, Toros, Origgi, Camilloni, Uzzecchini, Hansen. Accosciati da sinistra: Palazzoli, Patino, Buzzin, Grani e Bicicli (Foto Saro D’Agata, restauro digitale Ellebì).

 

…ma non raccogliere

Sembra tutto scritto già prima che si scenda in campo, e il conte Rognoni, cui è affidato l’onere di vigilare sulla regolarità del campionato, ha anche lo scrupolo di far "sorvegliare" il Modena affinché non si possa nemmeno sospettare di una possibile alleanza nordista ai danni del Catania. Su tutti i campi le cose vanno come ci si aspettava. Su tutti meno uno. Il Verona agguanta facilmente il punto della sua storica prima volta in A, l’Alessandria e il Brescia archiviano comodamente i loro impegni con successi facili.

A Modena il Catania, che già alla vigilia sapeva di non poter sperare in regali altrui, è chiamato almeno a non perdere per potersi guadagnare il diritto allo spareggio a tre, o a vincere per per evitare anche quell’insidia e tornare direttamente in A. Invece i rossazzurri appaiono apatici fin dal primo minuto e fanno ben poco per mettere paura agli avversari. La tensione cresce con il passare dei minuti e la paura non scompare nemmeno dopo l’espulsione di Bolognese a dieci minuti dal termine. Il dramma sportivo si consuma a tre minuti dalla fine quando l’attaccante di casa Scarascia realizza la rete decisiva e si guadagna una citazione in una delle pagine più nere della storia del Catania. Segue il naturale sconforto di una sconfitta che manda in fumo gli sforzi di una stagione intera.

 

Una sconfitta che brucia

La tremenda botta ha le prime conseguenze già negli spogliatoi. I dirigenti e l’allenatore rossazzurro sono infuriati con i giocatori e scoppia persino una rissa. Nei giorni seguenti alla partita la stampa locale infierisce alimentando i sospetti di possibili affari sporchi che coinvolegerebbero alcuni giocatori etnei, condannando in anticipo Origgi e Malinverni, e citando anche Celio fra i peggiori in campo. La società annuncia multe salate per quasi tutti i rossazzurri e un’inchiesta interna per accertare che nell’incredibile caduta non ci sia stato dolo. Alla fine però resta solo il sapore acre della sconfitta tanto più dura da digerire se si pensa che occasioni del genere difficilmente si ripresentano in tempi brevi.

A festggiare il salto in Serie A sarà poi l’Alessandria che avrà la meglio sul Brescia nello spareggio e raggiungerà nella massima serie il Verona degli ex rossazzurri Bassetti e Ghiandi.

Bibliografia

  • Il Corriere di Sicilia, luglio 1956-giugno 1957.
  • La Sicilia, luglio 1956-giugno 1957.
  • Wikipedia, Serie B.

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