Anima e derby

Penso a chi è stato educato a tifare per una squadra di calcio in nome di allori, suggestioni, romanticismi, favole, scudetti, coppe varie ed eventuali. Ci penso e un po’ mi sorprendo. Perché la vedo da una parte diametralmente opposta. Ma è un fatto strettamente personale.

Nel senso che per me un pallone che scivola capricciosamente su un campo di calcio, spinto da undici persone che guadagnano una barca di quattrini e che della maglia che indossano riconoscono solo i colori fin quando ce l’hanno addosso e poi basta, è solo un pallone che va dove vuole andare. Difficile creare o immaginare bandiere, idoli, ambasciatori, capitani di lungo corso. Siamo al calcio fast food in questi anni di pallone&affari, dunque questo è.

Tanto più per questo credo che non contino i palmares, i fuoriclasse che hai avuto o che hai. Conta una sola cosa nel calcio o a margine di quel campo più o meno verde: le emozioni. Ho confessato in tempi non sospetti che l’unica cosa che accende in me passione, dunque scatena emozioni, se parliamo di calcio è il Catania. Direi è Catania, la città che mi ha adottato in un tempo così remoto da non ricordarmi quando è cominciato questo amore. Che non mi fa rinnegare radici ed origini, che appartengono agli uomini che non dimenticano, che non hanno rimpianti, nè recriminazioni, ma certezze.

Ma è quel che la vita ha stabilito per me ad avere influenzato quel che il mio cuore fa battere. Questa città che non sta mai zitta, che non si abbatte mai per quanto colpita, che la butta in commedia quando è cominciata la tragedia, passa alla farsa e da lì tira fuori la soluzione vera. Quando la trova e quando esiste. La città che dorme poco, che s’arrangia, che costruisce, che demolisce. Che ha una squadra di calcio senza pace, ricca di personaggi fuori dall’ordinario, di una storia che parrà piccola a chi vede altri colori, ma che fa vibrare le corde di vecchi e meno vecchi, che ricordano nomi che hanno contribuito a scriverla quella storia. Una squadra di calcio nei tormenti dell’era contemporanea, delle poche promozioni, delle retrocessioni, dei campionati incolore, delle sconfitte in campo, delle vittorie fuori, della carta bollata, della rifondazione di una ragione sociale e culturale mai cancellate, da nessuna ingiustizia politica voluta dai palazzi del potere.

Ecco che cosa è Catania, per me. Che cosa il Catania. Che cosa significa vivere questa squadra a prescindere dai risultati, nella sofferenza, nella gioia, nella felicità, nell’ansia di ogni domenica. Nel dovere scrivere e descrivere quei fatti del campo, guardando le curve. Ribollenti, calde e cariche, esagerate e mai rassegnate, colorate e accese, muscolari, anche cattive quando ci vuole. Ma di quel cattivo che appartiene al calcio, non a contaminazioni, non ad infiltrazioni. Alla vigilia del derby sono queste le cose che mi salgono su, le sensazioni, le percezioni dell’anima che battono in testa. Per me è una partita come le altre. Solo Catania.