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Il ritorno del Catania in A dopo 23 anni diventa ancora più emozionante nel ricordo del tentativo di radiazione subito dalla FIGC nel 1993: la vittoria sull’Albinoleffe ha sancito la quinta promozione nella massima serie della storia del sodalizio rossazzurro e l’ultima tappa della scalata cominciata 13 anni fa dai campionati dilettanti.
E così è arrivato il giorno del ritorno del Catania in Serie A, un momento atteso per ben 23 anni. Una vittoria meritata che ha qualcosa in più rispetto alle precedenti perché raggiunta da una squadra che è riuscita a fare di alcune delle qualità che stanno più a cuore ai tifosi – in primis il gioco spumeggiante e il giusto mix fra doti tecniche e furia agonistica – le proprie armi migliori.

Pur rischiando di far torto ai protagonisti di questa nuova conquista, in questo momento di euforia è bene limitarsi a ricordare unicamente i dati oggettivi che sono la migliore sintesi della stagione, una stagione conclusa dal Catania a quota 78 punti che significano secondo posto in classifica e promozione diretta in Serie A senza dover ricorrere ai play-off. Miglior attacco della cadetteria con 67 reti e record di vittorie esterne nel campionato di Serie B (nove).

Senza dimenticare un altro dato ancora più significativo per la storia della società etnea: 13 stagioni per risalire dall’Eccellenza alla massima serie con 4 promozioni ottenute sul campo dopo il ripescaggio nel Campionato Nazionale Dilettanti del 1994.

Questa vittoria potrebbe sancire la fine ideale di un ciclo difficile, ma bellissimo della storia rossazzurra: la fine dell’era dei ricordi di successi storici, ma sbiaditi dal tempo e sepolti da successivi tracolli, e l’inizio di una nuova stagione in cui i ricordi non fanno in tempo ad appassire perché subito affiancati da nuovi successi.

Il ritorno nella massima serie è infatti l’occasione per mettere definitivamente alle spalle le sofferenze patite nel corso degli anni della faticosa risalita dalle serie minori e delle estenuanti battaglie fuori dal campo combattute contro una federazione che troppo spesso non ha rispettato nemmeno le proprie leggi. Ora che il peggio è passato l’obbiettivo deve essere costruire ciò che a Catania è sempre mancato, cioè le basi per un successo che duri nel tempo. Perché si possa conseguire tale obbiettivo sono indispensabili un centro sportivo che permetta alla società una proficua gestione dell’intera area tecnica, uno stadio in grado di ospitare anche eventi internazionali, ma anche un’ulteriore maturazione dell’ambiente che deve riuscire ad eliminare il bubbone dei pochi teppisti infiltrati fra i tifosi, una minoranza di individui che ignora le più elementari regole di convivenza civile e i principi basilari dell’etica sportiva e che interpreta la contesa agoinistica come una guerra. Una mentalità da estirpare.

Tutti questi obbiettivi necessitano di tempo per essere concretizzati, ma soprattutto della buona volontà di tutti coloro che devono conseguirli: l’amministrazione comunale, tradizionalmente incapace di concretizzare i propri buoni propositi, la società rossazzurra, finora quai impeccabile, il tifosi catanesi, talvolta troppo umorali. Pertanto è già ora di rimboccarsi le maniche, perché il fallimento di anche uno solo di tali obbiettivi significherebbe il ritorno all’era in cui i trionfi effimeri sono stati l’eccezione e le sofferenze la regola.

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